Ingombrante l’armadio in una stanza.
E i viluppi cadenti d’ogni gruccia
sono la nostra buccia
più che la nostra verosimiglianza.
Così mi sembra lugubre l’armadio.
L’apro come per scegliervi un vestito,
ma ciò m’è proibito
se a vestir bene occorre pompa e gaudio.
E ci sarà qualcuno, non un servo,
che domani mi vesta e che mi spogli?
E se i miei panni non son più che spogli
che lì dentro conservo?
Pochi vestiti ha questo squallido ganimede,
cui basta il vecchio e logoro che indossa.
Armadio che sai l’area della fossa
vesti presto un erede,
presto, figliolo, presto,
se pur si troverà qualcuno ch’abbia,
la mia taglia e con essa la mia fede,
il mio bene, il mio male e la mia rabbia.